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  • Immagine del redattoreFederico Vismara

Espropriazione immobiliare esattoriale e residenza del debitore



La Corte di Cassazione a Sezioni unite, con la sentenza del 23 luglio 2021 n. 21165 ha chiarito come l'art. 76 comma 1, lett. a) del d.p.r. n. 602 del 1973, come modificato dal d.l. n. 69 del 2013 (convertito con modificazioni dalla l. 9 agosto 2013, n. 98), in base al quale l’agente della riscossione non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore (con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9) sia adibito ad uso abitativo e lo stesso debitore vi risieda anagraficamente, preveda una l’improcedibilità dell’azione esecutiva dell’agente della riscossione, così come già affermato in passato dalla Sezione II I con la sentenza n. 19270 del 2014 e non un'ipotesi di impignorabilità del bene.

Nel caso di specie, secondo le Sezioni unite, non era neanche emersa questa ragione di improcedibilità. Infatti, il giudice di appello aveva evidenziato la mancanza di prova che l’immobile fosse non soltanto luogo di residenza dell’appellante, ma anche l’unico bene immobile di sua proprietà: il debitore, nel corso del giudizio, aveva fatto leva su una visura catastale per soggetto, la quale però, secondo le Sezioni unite, non è documento idoneo a provare o a escludere la qualità proprietaria poiché preordinata a fini fiscali



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